autore: Valerio Caddeu
C’è speranza nel Sulcis
C’È SPERANZA A SUD OVEST
La narrazione che si fa del Sulcis mi ha stufato.
È un territorio che per decenni è stato ostaggio di logiche predatorie, dominato da una classe politica che per mantenere il proprio orticello ha distribuito prima buste paga poi cassa integrazione e sussidi, lasciando sul territorio ferite profonde, inquinamento, archeologia industriale pericolante.
Alla stregua di amanti illusi e traditi, i sulcitani si rassegnano ad essere bollati come abitanti del territorio più povero e depresso d’Europa. Il balletto con sindacati, Regione, improbabili imprese di paesi emergenti che fanno proposte d’acquisto a prezzi di saldo, continua con vicende alterne, e crea i soliti titoli sulla stampa locale, impietosi e allarmati.
Ma il Sulcis è molto altro, per fortuna.
Non voglio fare il panegirico del sempre più attrattivo Cammino Minerario di Santa Barbara, o delle eccellenze enologiche vecchie e nuove che declinano il Carignano in tante sfumature. Mi riferisco a piccoli grandi eroi che hanno scelto di fare impresa in questo territorio, rispettandolo e contribuendo ad una narrazione positiva e propositiva.
Giuseppe Mei è l’unico allevatore custode della capra di razza sarda. Lui è talmente immerso nel suo territorio, su Medau Mannu di Tratalias, da sembrare scolpito nella stessa pietra che raccoglie nei campi e usa per costruire l’ambiente di accoglienza della sua azienda. In una calda mattina invernale lo incontriamo mentre lavora sotto la guida del padre, muratore esperto, intenti a legare l’incannucciato del sottotetto alle travi.
Le sue capre sono libere, quando vanno in asciutta rimangono per settimane al pascolo brado sui monti che chiudono l’orizzonte attorno all’azienda; solo i maschi e i capretti stanno al coperto. Il nome che ha scelto è una dichiarazione d’intenti: Su Connotu, ovvero la tradizione, la saggezza tramandata dalle generazioni precedenti. Il latte è poco, specie in questo periodo in cui le capre svezzano la prole, ma Giuseppe non ha bisogno di quantità.
Ad un certo punto della sua vita ha lasciato l’edilizia per dedicarsi all’allevamento per la produzione di formaggi caprini. Non sono un amante del caprino, spesso lo trovo aggressivo nel gusto, quasi sgraziato, pungente, spiacevole. Il suo formaggio è invece elegante e gradevole, nella variante classica o con cappatura di erbe aromatiche. Latte crudo, caglio naturale, niente stufatura, salatura a secco. Non ci sono alchimie o trucchi, solo una grande passione.
Salutiamo Giuseppe e andiamo a mangiare qualcosa in uno dei posti più conosciuti in zona: Letizia, il ristorante dello chef Manuele Fanutza, a Nuxis. In questo periodo di bassa stagione accoglie i suoi ospiti nella saletta del bar, trasformato in bistrot. Condividiamo la sala con una squadra degli operai che stanno trasformando il sagrato della chiesa di San Pietro Apostolo in una scalinata monumentale.
Nonostante la notorietà conquistata con la presenza costante sulle guide, un posto di rilievo nel padiglione Sardegna all’Expo 2015 di Milano, le ricorrenti ospitate televisive sulla RAI, Manuele non si è montato la testa, è sempre il solito ottimo padrone di casa, piacevole e cordiale. La sua cucina si presenta bene anche con il menù espresso studiato per i lavoratori, a base di prodotti del territorio. Del resto lui è da sempre tra gli animatori più vivaci di questo scampolo di Sardegna, appoggiato sui monti che conducono alla foresta di Gutturu Mannu, ne decanta le bellezze e ne valorizza le materie prime.
Sulla via del ritorno, facciamo tappa a Masseria de Nannai, poco fuori Villamassargia, non lontano dal bivio che porta agli olivi plurisecolari di S’Ortu Mannu. Si tratta di una macelleria agricola, cioè che alleva il bestiame che propone in vendita, in questo caso con l’aggiunta di un salumificio. Eric, come sempre indaffaratissimo, ci accoglie con un assaggio del prosciutto e del lardo che sta affettando per una degustazione. Nonostante la sua giovane età padroneggia l’arte della norcineria da vero maestro, trasformando i suoi maiali di razza Duroc in prosciutti sopraffini, salsicce tradizionali e speciali (sento parlare di una salsiccia all’arancia!), lonze, guanciali, pancette, lardo e anche coppiette, carne magra salata e disidratata da mangiare come snack. Rapito dal gusto dei salumi, prometto di tornare per la parte relativa ai bovini e chissà, magari presto anche a tavola nell’agriturismo che stanno allestendo.
Rientriamo convinti che queste ed altre realtà di cui avete letto e leggerete in queste pagine siano la prova tangibile che il Sulcis e tutta la Sardegna offrano la possibilità di fare impresa in modo originale e sostenibile, su piccola scala, con rispetto per il benessere animale e per il territorio, salvaguardando la tradizione ma sempre con lo sguardo rivolto al futuro.
Valerio Caddeu